Home Page Note
Biografiche
Testimonianze Galleria News Contatti
 
.....L'artista ha cultura ed esperienza per tentare ed attuare giri di informalità, appostamenti alle sorprese del colore. Nei suoi quadri ci sono frammenti che ingranditi potrebbero risultare quadri informali, eccitanti per comunicatività. Osservate e ingrandite alcune teorie orizzontali di fioriture. Un quadro giallo di macchie fiorite ci fa allargare la vista proprio in visionarietà astratta. Sono tanti i frammenti nella stretta figuratività di Corrado Angelo che documentano la possibilità dell'artista di potere essere anche pittore di informalità. Eppure egli offre una determinazione, rigorosa alla nostra attenzione: il luogo vero come il vero deve essere prova del rapporto tra l'uomo e il suo orizzonte, vissuto in concreto. La figuratività di questo acquarellista è persino drammatica se non ci fosse nelle sue, rappresentazioni la gioia del vissuto e della nostalgia. Corrado Angelo imprigiona la realtà nella realtà. La fuga nell'astrazione è a portata immediata della sua mano sulla carta. Gli sarebbe persino fonte di eros visivo abbandonarsi alle scioltezze del colore liquido. Però si ferma. L'uomo è misurabile con ciò che è, e non con ciò elle vede. Questo è il suo credo d'arte.....
Giuseppe Selvaggi (1991) 
 
 
L’esaltazione della luce attraverso vibranti riflessi di colore che conferisce un inconsueto afflato delle sue opere, è il filo conduttore che lega tra loro gli acquerelli di Corrado Angelo, presente , in questi giorni , con una personale presso la galleria romana “ Il Canovaccio”.
Soggetti prevalenti sono paesaggi e fiori che l’artista realizza con una tavolozza ariosa e risolve in campiture che accentuano gli spazi ed i ritmi e nel quale imposta volumi e superfici nel formato più grandi l’acquosità propria della tecnica usata conferisce alle immagini una rarefazione che esalta la componente lirica della raffigurazione.
La tecnica dell’acquerello è particolarmente confacente al suo linguaggio figurativo con il quale comunica in modo diretto ed immediato con l’osservatore. La croma tersa e la purezza del segno mettono in risalto un naturalismo quasi stilizzato delle luminosità che non è né semplice riproduzione della “verità” della luce né mera registrazione dell’ambiente.
Nella presentazione della mostra romana di Angelo, Giuseppe Selvaggi rileva che “lo scatto poetico di Corrado Angelo ha un segno proprio che lo distingue. Ed è la sua salvezza, che lo porta ad essere poeta e non figurinista di paesaggi. Lo fa sentire fuori dell’anonimato tecnici stico dando ai sui rettangoli di carta acquerellata i poteri magici della realtà esterna convergente nel nostro tunnel interiore, Corrado Angelo non chiude i suoi paesaggi, li apre”.
Vittorio Esposito (1992)
 
 
.....L'impossibilità di ripensamenti, caratteristica della pittura ad acquerello, si traduce, nei fogli di Corrado Angelo, in rapidità necessitante che ben riesce a descrivere, facendola vivere anche allo spettatore, l'estrema fragilità delle cose umane.
La natura morta, si potrebbe dire, è l'espressione di un conflitto profondo: dar vita, anima, a qualcosa di inanimato, esistenza a qualcosa di non più esistente. Nelle ultime nature morte di Cor­rado Angelo le forme sono costruite con macchie giustapposte, talora appena accennate, di colo­re: ma proprio da queste macchie apparentemente informi, da queste tracce di memorie arcaiche, e non già dai contorni del disegno, vanno prendendo corpo a poco a poco gli oggetti semplici della quotidianità — una tazza, un melograno — come evocati da lontananze remotissime. Tremuli fili d'erba, tronchi, foglie d'alberi, tralci di fiori, ci riportano così a ritrovare il contatto con la realtà semplice di cose che ci sembravano perdute. E tuttavia, emergendo come da veli di impercettibile nebbia, ci comunicano il sentimento di precarietà insito nel rischio di tornare a perderli. Sembrano, se l'idea non appare azzardata, la rappresentazione di un impossibile desiderio.
L'artista e l'uomo di scienza, ciascuno dal proprio vertice di os­servazione della realtà che lo circonda, si sono assunti il compito di ricercare forme e modi adeguati per rappresentare nella loro complessità la natura e il significato di quei processi che implicano una brusca interruzione nella continuità di un determinato fenomeno: un salto, la rottura di un contatto, una cesura. In Corrado Angelo i due vertici si ricompongono per effetto di una medesima tensione conoscitiva: quella che indaga sulle origini misteriose della malattia e che cerca di trovare risposte nei misteriosi per­corsi dell'arte.....
Guglielmo Capogrossi (1992)

 
La sua pittura, o per meglio dire i suoi acquerelli, hanno fremiti di luce, colori tenui con vibrazioni improvvise, stesure ampie nei cieli dove le sfumature danno l'immensità della natura. Ed è ancor più ammirevole la produzione artistica di questo pittore, in quanto è ben nota la difficoltà tecnica. dell'acquerello. Forse, sapendolo romano, non troviamo in lui nulla dell'esplosione di colori che una città come Roma può proporre: che anche questo sia un merito?
In ogni caso auguriamo a Corrado Angelo tanti viaggi nel suo amato "nord" e tanti fogli di viaggio.
Antonio Carbè (1993)

 
Il mio amico Corrado Angelo è un acquerellista che opera con sicurezza e con fantasia immaginifica. La sicurezza di certi acquerellisti viene da una perfezione tecnica che non consente errori, né ripensamenti. L'acquerello ha una sua luminosità che non si può inficiare con ritorni cromatici. E il mio amico Corrado, che è sapiente nella tecnica, sfiora la carta quel tanto da elettrizzarla, rendendo ammagante l'immagine nell'istante che il pennello l'accarezza. Nella pittura il lavoro è molto più subdolo; la materia che si stratifica sulla tela, a volte, diventa sorda fino a respingere ogni forzatura cromatica, umiliando se stessa e il pittore che si ostina alla sconfitta. Spesso penso che il pittore costruisce l'opera d'arte (quando è opera d'arte) attraverso il martirio.
Per questo e per quanto detto sopra, motivo la mia invidia nei confronti degli acquerellisti.
Sandro Trotti (2003)

 
La pennellata dell'acquarellista non può che essere veloce come il lampo, scattante e leggera, senza peso, ma anche decisa e definitiva, fluida nella stesura del colore. Nell'acquarello, diversamente dalla pittura ad olio, non c'è posto per il pentimento, la parola d'ordine è "toccata e fuga". Ne sa qualcosa Corrado Angelo che da oltre un ventennio ha deciso di consacrare parte considerevole del suo tempo all'acquarello, regalandoci momenti in cui a una ferrea tenacia (indispensabile nel campo minato dell'arte) si unisce una straordinaria sensibilità creativa. Ed è appunto con mano esercitata che l'artista, catturato da un improvviso lampo di luce, annota nel suo taccuino impressioni di città, alberi, cieli, fiori, persone e altro ancora. Artista indifferente agli sterili capricci delle mode, Angelo persegue un suo preciso obiettivo, è quello di colloquiare con il mondo delle cose preoccupandosi di non stravolgerne il senso. Da non confondere, però, questo suo interesse per la realtà oggettiva con una pedante, sofisticata ricerca del vero. Al contrario, a una pennellata minuziosa Angelo antepone un tocco sbrigliato e disinvolto, idoneo cioè alle sollecitazioni dell'acquarello. Ecco allora che un paesaggio, benché rispettoso della natura, assume qui un significato altro, finanche simbolico come nei due grandi fogli in cui campeggia un faro: forse una guida? Chissà. Certo è che l'opera di Corrado, benché non si possa dire enigmatica, rimanda comunque a significati che vanno oltre l'apparenza. Per esempio i dodici lavori ispirati ai mesi dell'anno, che chiamerei stendhalianamente "passeggiate romane", sono una specie di metafora allegorica dove la Città Eterna è celebrata per lo più coni suoi ponti e il suo Tevere.
In questi ultimi acquarelli il significato va al di là della rappresentazione: l'immagine è solo un pretesto, un'occasione perché l'autore possa narrare sul foglio il suo sogno d'artista e la visione che egli ha del mondo.
Sigfrido Oliva (2008)

 
La Navicella non è solo la scultura d'età classica di una famosa fontana romana: fin dalle più antiche civiltà rupestri la nave è simbolo del viaggio verso l'ignoto (basta pensare all'ultimo viaggio di Ulisse nella Divina Commedia), e come tale è divenuta un archetipo del nostro immaginario, qualcosa che sentiamo appartenere a noi tutti: e la veduta di Corrado Angelo lascia la porta aperta alle diverse interpretazioni che questo simbolo così ricco di significati ha rivestito presso popoli e civiltà lontane dagli antichi Egizi alla navicella di San Pietro.
Fra gli acquerelli più interessanti di Corrado Angelo vi sono quelli dedicati ai fari fra i quali spicca maestoso e solitario quello di Finisterre la cui architettura imponente si staglia su un oceano che si confonde con il cielo grigio: è una visione romantica nella quale esso acquista un fascino particolare dovuto anche alla leggerezza con cui digradano e si sfumano le tinte sapientemente dosate e grazie alle quali si dispiega dinanzi a noi un'immagine che sembra emergere da un sogno. S'intuisce che questa torre animata da luci ed ombre ha un valore simbolico: segnare il confine fra il mondo conosciuto e l'ignoto, e deve anche a questo un poco del suo fascino misterioso che ci spinge ad interrogarci e a chiederci quale sia il suo reale significato. Come sempre accade quando ci troviamo di fronte a delle vere opere d'arte. Evocativo è anche il titolo, Finisterre, che gli antichi romani scelsero per indicare il promontorio più occidentale della Spagna che allora coincideva con la fine della terra allora conosciuta: donde il nome finis terrae.
La torre rotonda, seconda versione di Finisterre, acquista una vita propria grazie al riflesso della luce del cielo popolato da nuvole in continuo movimento mentre luci ed ombre animano l'architettura. Ad alcune di queste vedute Angelo ha voluto dare il nome di un mese dell'anno creando così un immaginario calendario pittorico: corrisponde al settembre il faro degli Argentini sul Gianicolo (pochi sanno che anche a Roma ne esiste uno) la cui bianca sagoma è trasfigurata in modo da ricordare le vedute del Piranesi, ravvivata però dalla rigogliosa e verde chioma d'un pino romano. Alla Roma barocca ci riconduce l'angelo che si staglia sul bugnato del palazzo Lancellotti ai Coronari. È una Venezia minore e meno nota quella delle Fondamenta del ponte lungo alla Giudecca nella quale Angelo riesce comunque a catturare qualcosa della rarefatta e magica atmosfera veneziana.
Tutta giocata sulle tonalità del grigio è l'Attesa: quello che potrebbe sembrare un paesaggio nordico, forse con qualche ricordo di antiche incisioni giapponesi, è in realtà una veduta della Sicilia: ma è la capacità di trasformare la realtà infondendole un tocco di poesia che cattura la nostra attenzione e ci induce a riflettere quando osserviamo gli acquerelli di Corrado Angelo.
Giulia Cosmo (2008)
 
 

Corrado Angelo è interprete di fascinose atmosfere percepite con grande sensibilità nel corso dei suoi viaggi.
Le sue prime opere raccontano dell’avviata ricerca di una strada espressiva propria da approfondire, individuata alfine, con semplicità e naturalezza, nel genere del paesaggio.
Il pittore padroneggia perfettamente la tecnica dell’acquerello, attraverso la quale indaga le impressioni atmosferiche che avvolgono le immagini suggerite dai ricordi o dagli spunti creativi che il suo occhio di artista individua.
La sua sensibilità si esprime nella stesura del colore, delicata e morbida, oltreché sapiente.
La composizione è scrupolosamente attenta al particolare, anche se la tecnica dell’acquerello tende a dissolvere i dettagli in un’atmosfera sottile che avvolge tutto di sé.
Le opere più recenti mostrano un distacco da strade già sapientemente indagate e modi di espressione ormai perfettamente padroneggiati verso un più divertito approccio all’emozione generata dall’esperienza sul colore puro, informe all’apparenza ma anch’esso indagatore del sentimento profondo dell’artista.
Nella pittura di Angelo l’acqua è protagonista assoluta: come soggetto preferito e prevalente e come oggetto di definizione dell’immagine pittorica, denunciando da parte dell’artista un’autentica passione per gli effetti di leggerezza che essa suggerisce ed esprime

Manuela Santini (2010)
 
 

I paesaggi di Corrado Angelo entrano nel cuore di chi li osserva con una semplicità disarmante. Opere fresche, di chi è avvezzo al segno, anzi al piacere del segno, perché l’armonia, la quiete, ma anche la solitudine che essi trasmettono non possono non far parte del sentimento di chi li ha realizzati. Di certo, luoghi, genti e costumi hanno toccato il suo cuore.
Lo sguardo è quello del viaggiatore curioso e sensibile che sa leggere e capire il paesaggio, le linee e gli attori che esso contiene. Così come il poeta sa riconoscere sensazioni ed emozioni fra le pieghe della vita, egli sa riconoscere la magia e l’armonia di questo o quel luogo. Non importa se si tratta della sfinge o di un solitario scoglio. Corrado Angelo non può far a meno di portar via con sé quel momento unico e suo.
Per lui rappresentare ciò che vede e lo stimola, è come soddisfare un bisogno primario come il bere. Ciò che disseta è la bellezza dei luoghi, delle genti, dei profumi e delle sensazioni che essi suscitano; ma la magia più bella è quando questi prendono forma, tocco dopo tocco, in un susseguirsi di “caotici movimenti” ; pindariche geometrie fra morbide setole, acqua, carta e pigmenti…ed è fatta! Quel momento rimane fissato nell’anima e nella materia cartacea.
La sua figura probabilmente potrebbe far pensare ad un pacato nobile di campagna in perfetto stile ottocentesco, ove l’immancabile cassettina di legno, colma di colori e pennelli,(con cavalletto e sgabello incorporati) è protesi e strumento del pensare e fare arte.
Ma non ci è concesso dire che i suoi eleganti figurativismi siano anacronistici, perché essi hanno sempre un piglio originalissimo, ove bellezza e solitudine, come una patina che sovrasta ogni opera, svelano un’identità unica. Assai interessante, a mio avviso, è “Cheope”: i colori vivaci e soprattutto il particolare punto di vista con la sua costruzione prospettica, donano al dipinto un carattere che elude e supera con eleganza ogni stantia cognizione accademico-descrittiva.

Agostino Cartuccia(2012)
 
 

I tre mondi di Corrado Angelo – Italia, Scozia Egitto – sono luoghi visitati e amati nei quali egli si reca e si sofferma anche per trattenerne un ricordo visivo. Dai viaggi e dai percorsi fatti negli ultimi cinque anni , Angelo trae tutte le opere in mostra. La partenza è un disegno a matita dal vero o da scatto fotografico, ma è sempre un'inquadratura scelta.
Quel che viene dopo la pittura ad acquerello, è il risultato delicato e sapiente del lavoro di anni, l'esito di una pratica paziente cominciata in giovane età che l'artista conduce accanto alla professione medica.
Unite dalla vocazione umanistica profonda, l'azione del prendersi cura e quella della pittura, della ricerca dell'armonia nel tratto e nel colore, si completano e si sostengono.
Eppure spesso Corrado Angelo dice di aspettare con ansia il momento in cui potrà dedicarsi all'arte in modo esclusivo.
Come alcuni illustri precedenti, Ernesto Tatafiore e Alberto Burri per citarne due tra i più famosi, Angelo trova nell'arte l'unica possibile risposta alle proprie necessità creative ed espressive.
Nel cavaliere di Giza, nel faro di Flannan Isle o nella chiesetta di Cantalupo in Sabina, l'artista trova grazia in sé stesso e ci restituisce brani di una realtà che va dall'intimità della conoscenza al senso all'infinito.

Angelandreina Rorro  (2012)
 
 

Rivisitando gli ultimi acquerelli di Corrado Angelo, si vede che l’ispirazione è di marca esotica. Il pittore cerca e predilige prevalentemente soggetti lontani, che sono stati individuati in luoghi come l’Egitto, la Scozia, e, in ultimo , l’Italia.
In questi acquerelli, si nota come l’intensità emotiva ha in parte smussato l’arcaico primitivismo che era presente nelle opere precedenti, e che ora una visione concentrata ed asciutta, sostiene degnamente una palpitante verità intrisa di silenziosa poesia. Nello svolgimento prevale una linea ascensionale che porta il pittore a privilegiare un sentimento mistico. In tutte le opere prevale una dolce e dolente sensitività a cui si accompagna una fresca visione del vero realizzata con acribia severità.

Alessandro Trotti (2012)